loading...

Basilicata: e' una catastrofe ambientale! Tonnellate di petrolio nelle falde.

di Paola Pintus



Ora è una certezza: il rischio di sversamenti da idrocarburi nell'invaso del Pertusillo è concreto e incombente. Risulterebbero inquinate infatti le acque di un canale che confluisce nel fiume Agri, principale affluente del bacino che fornisce acqua potabile a oltre quattro milioni di cittadini fra Basilicata e Puglia. Ecco perchè, con una riunione straordinaria convocata in tutta fretta la sera della vigilia di Pasqua la Giunta regionale della Basilicata ha deliberato la sospensione di tutte le attività del Centro Oli di Viggiano, di proprietà dell'Eni. 

Dopo mesi di polemiche e di sospetti, corredati dalle denunce degli ambientalisti e da diverse interrogazioni parlamentari, nei giorni scorsi sono stati resi noti i risultati di sette campionamenti fatti dall'Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata fuori dal Centro – in cui si lavorano decine di migliaia di barili di petrolio estratto in Val d’Agri – che evidenziano la contaminazione delle acque sotterranee con la presenza, “molto cospicua”, di manganese e ferro e anche di idrocarburi policiclici aromatici.

La gravità della situazione ambientale è tale da aver indotto il presidente della Regione, Marcello Pittella a decretare lo stop "a fronte delle inadempienze e dei ritardi da parte di Eni rispetto alle prescrizioni regionali". 

"Noi come cittadini salutiamo favorevolmente l'iniziativa della Regione e del prefetto, che però arriva con oltre due mesi di ritardo rispetto all'insorgere del problema. Ora è una corsa contro il tempo: speriamo che, preso coscienza della vastità dello sversamento, il ministero dell'Ambiente intervenga per impedire che la catastrofe arrivi fin dentro l'invaso del Pertusillo". A parlare è Giuseppe Lo Bello, attivista ambientale e fondatore del Movimento "Liberiamo la Basilicata", che già un mese fa aveva fatto effettuare dei campionamenti sulle acque dell'invaso da cui erano emersi una scarsa ossigenazione e la presenza -seppur entro i limiti di soglia- di metalli pesanti, clorometano e benzene. "Ricordiamo che il primo allarme sulle perdite era stato registrato il 23 gennaio, da parte dei dipendenti del Consorzio Asi che gestiscono il depuratore dove arrivano le acque di lavorazione del Centro Oli. Da quella data a oggi possiamo farci un'idea di quale sia il volume di greggio disperso nella falda acquifera: si tratta di una perdita copiosa che si è tentato di recuperare addirittura mettendo in funzione gli autospurgo h24. E' evidente però- prosegue Lo Bello- che quello che si riesce a recuperare in questo modo è solo una parte del petrolio. Il resto arriva ai torrrenti, alle sorgenti e al fiume Agri e di conseguenza arriverà anche presso l'invaso del Pertusillo, se non si fa qualcosa".

Lo "stop" della Regione Basilicata è un primo importante passo, ma in realtà non potrà avvenire prima di alcuni giorni. Prima dovrà avvenire la notifica del provvedimento (al quale in queste ore stanno lavorando gli uffici regionali) alla società petrolifera. Da quel momento in poi dovranno trascorrere almeno 48 ore per lo spegnimento degli impianti. Sempre nelle prossime ore scadrà il termine concesso ad Eni per il riesame del piano di caratterizzazione dopo essere stato rigettato nella scorsa conferenza dei servizi dagli uffici regionali. Per gli attivisti lucani è il segno di un cambio di passo nelle relazioni delle istituzioni regionali con il gigante petrolifero italiano, a cui finora era stata sostanzialmente demandata la strutturazione del piano di caratterizzazione dell'area, con gravi carenze sul profilo della sicurezza e del monitoraggio delle acque sotterranee. "Nel frattempo però- continua Lo Bello- restano le centinaia di migliaia di tonnellate di greggio disperse nelle sacche del sottosuolo. Ora bisogna fare di tutto per evitare che i contaminanti si espandano ulteriormente". 

Lo Bello parla di "corsa contro il tempo", per arrestare il flusso inquinante mettendo in campo tutti i mezzi che la tecnologia prevede per arrestarne l'espansione : "Si possono usare le elettropompe sommerse o anche degli assorbenti di superficie dato che gli idrocarburi essendo leggeri galleggiano- per evitare che il petrolio dalle acque di falda possa andare a finire nell'invaso artificiale del Pertusillo, appena un chilometro e mezzo più a valle".
La partita del petrolio tra salute pubblica e ragioni dell'economia

La mossa (doverosa) della Regione Basilicata apre uno scenario delicato anche sul piano nazionale in quanto dalla Val d' Agri arriva circa il 70% del petrolio estratto in Italia e circa il 23% del metano. Non a caso, subito dopo la riunione straordinaria della Giunta lucana, sabato sera, il governatore Marcello Pittella (Pd) ha comunicato la decisione ai Ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, Gian Luca Galletti e Carlo Calenda.

A subire i contraccolpi del blocco delle estrazioni potrebbero essere 3300 addetti della filiera petrolifera tra Basilicata e Puglia: oltre ai 1000 del Centro Oli anche gli oltre 2000 diretti e dell'indotto delle raffinerie di Taranto. Successe già nel marzo 2016, in seguito alla sospensione decretata dopo l'avvio delle indagini su Tempa Rossa che portarono alle dimissioni del Ministro Guidi. A Taranto venne stimato allora un calo della produzione giornaliera di circa 2000 tonnellate al giorno per 5 mesi. La produzione nazionale passò da 5,4 milioni nel 2015 a 3,7 milioni nel 2016, con uno scarto negativo di 1,7 milioni di tonnellate. 


Nessun commento:

Posta un commento